Home page » Albero » Archivio di Stato di Lucca

Albero



Archivio di Stato di Lucca (Archivio)

Descrizione

da Bongi Salvatore, Archivio di Stato di Lucca Inventario a stampa Vol 1

INTRODUZIONE

Il Ministro dell'Istruzione pel Governo della Toscana approvò, il 19 d'agosto del 1859, un disegno di pubblicazioni, che la Soprintendenza gli aveva presentato; nel quale si comprendevano gl'Inventari, i Regesti e i Documenti storico-diplomatici.

Seguendo il suo primo concetto, la Soprintendenza promosse la stampa dei Diplomi Arabi del R. Archivio Fiorentino, che vennero in luce nel 1863, dottamente illustrati dal senatore Michele Amari; e incominciò quella dei Documenti sulle relazioni Toscane coll'Oriente, raccolti a cura del professore Giuseppe Muller, oggi condotta a buon punto. Ma le ragioni speciali che ne confortarono a promuovere queste due insigni raccolte diplomatiche, stanno scritte nel Rapporto sugli Archivi Toscani fatto dal Soprintendente al signor Ministro dell'Istruzione nel dicembre del 1865; dove pure è espresso, che "d'uopo è rilasciare ai dotti individualmente, ed alle società erudite, pubblicazioni di cotal genere". Il che si è reso tanto più opportuno da poi che per le provincie di Toscana, Umbria e Marche venne istituita una Deputazione sugli studi di storia patria.

Ristrettasi pertanto la Soprintendenza alle altre due parti del suo disegno, che sono i Regesti e gl'Inventari, poté mettere in pubblico il primo volume dei Capitoli del Comune di Firenze, che riuniva l'inventario al regesto, e del secondo dava, si può dire, il primo esempio; dacchè nessuno dei consimili lavori, che siano giunti a nostra notizia, ci esibirono un transunto di documenti così fatto, che il documento nel suo formale si ristringesse, restando virtualmente nella sua integrità. Dopo la pubblicazione di quel volume, cioè dall'anno 1865, la Soprintendenza ha continuata la stampa del Regesto dei Capitoli, ma ha desiderato dar fuori intanto un Inventario; potendo così, nella varietà dei lavori, manifestare i suoi intendimenti, ed esser meglio giudicata.

Come nella compilazione degl'Inventari si sia proceduto, può leggersi nel citato Rapporto: qui ripeteremo, che se Inventari per uso interno degli Archivi possono essere uniformi, per questi destinati alla stampa non è dato seguire una stessa norma. Quindi è che il Gachard, archivista generale del Belgio e così benemerito de' nostri studi, ebbe a scrivere in un suo Rapport sur l'administration des Archives générales du Royaume, fatto nel 1866, che degl'Inventari stampati sotto la sua direzione lasciava volentieri il merito e la responsabilità agli ufficiali che gli avevano compilati. E veramente, solo chi ha grande conoscenza d'un Archivio può farne l'Inventario, come lo intendiamo noi.

Non si creda però, che con l'aiuto di un Inventario si possa arrivare a conoscere i singoli documenti d'un Archivio. Il che sia detto per certuni che sperano trovare indicato, se non anche bell'e raccolto, ciò che farebbe a' propri studi; i quali spesso si aiutano di repertori e lavori parziali, che alcuni Archivi hanno di natura sua, ed altri possono avere per la opera nostra; ma non tali né tanti mai, che franchino lo studioso da una sagace e paziente indagine. Altrimenti gli Archivi sarebbero in condizione migliore delle Biblioteche, dove i repertori alfabetici o metodici non sapranno mai dire a chi studia, che troverà dicerto in un'opera ciò che meglio desidera.

Ma confidiamo che la nostra osservazione torni inutile per la maggior parte di quelli che porranno gli occhi sul primo Inventario che la Soprintendenza mette in luce; il quale non è d'una serie speciale di documenti, ma generale di quell'insigne deposito che è l'Archivio di Lucca. V'era forse da contentar più l'ambizione nostra, e sodisfare la curiosità di certuni, dando fuori, per primo saggio l'Inventario di uno dei tanti Archivi che compongono il Centrale Fiorentino: ma la nostra ambizione è contenta di fare, meglio che si può, quello che serve all'incremento della istituzione nostra e al vantaggio comune; alla sodisfazione de' curiosi preferiamo l'approvazione dei dotti. E questi (come sembra a noi di esserne certi) vedranno volentieri in un grand'Inventario riuniti gli elementi della vita politica, religiosa, amministrativa di una Repubblica Italiana; e il materiale di parecchi secoli di storia raccolto in modo da rappresentarci le istituzioni cittadine, e ordinato come poteva essere di sua natura, dalla sua origine, se il tempo che consuma e l'uomo che sciupa non fossero venuti di mano in mano a turbare le carte e a disperderle.

Firenze, nel Settembre del 1872.

IL SOPRINTENDENTE GENERALE DEGLI ARCHIVI TOSCANI.

Descrizione

da Bongi Salvatore, Archivio di Stato di Lucca Inventario a stampa Vol 1

PREFAZIONE

1.

VICENDE DE' PUBBLICI ARCHIVI DI LUCCA FINO ALL'ANNO 1847. Prime e incerte notizie sulla Camera delle Scritture e de' Libri del Comune - Suoi ordini secondo lo Statuto del 1308 - Distruzione delle scritture per i guasti dati da Uguccione della Faggiuola e da Lodovico il Bavaro; altri danni per una scorreria de' figliuoli di Castruccio - Quali si perdessero, e come alcune se ne salvasse - La Camera dura colle stesse leggi sotto il dominio pisano - Dal 1369 in poi le scritture appartenenti al Governo restano nel Palazzo; nella Camera seguitano a mandarsi gli atti de' tribunali, e degli uffizi fiscali - Prime vicende delle carte di Palazzo, dove vengono divise in due collezioni; le pubbliche nelle Cancellerie, le segrete in Tarpea - Deputazione per riordinare e ritrovare le scritture, e sue opere. Offizio sopra le Scritture e sua autorità - Sciagure patite dalle carte di Palazzo - Si discorre della Camera a tempo della Repubblica (1369-1799); e prima del suo traslocamento nella Torre di Raimondo. Vi si uniscono i protocolli de' Notari, che diventano sua principal collezione. Leggi sulla Camera, la quale prende poi nome di Archivio Pubblico o de' Notari, - Vicende delle carte di Palazzo dopo la caduta della vecchia Repubblica, delle quali si costituisce nel 1804 l'Archivio di Stato - A tempo de' Principi Baciocchi, i due Archivi mutano stanza. Disegno di un Grande Archivio Generale, non eseguito. In conclusione, nissun progresso per gli Archivi sotto quel regime - Maria Luisa toglie l'Archivio de' Notari dalla Chiesa di S. Giovanni, dove era stato deposto nel 1808, e lo trasferisce nel Palazzo Guidiccioni - Stato dei due Archivi finché Lucca non fu congiunta al Granducato Toscano.

I. Sarebbe alieno dal soggetto nostro il cercare in che modo, anche ne' secoli più rozzi, si desse mano alle raccolte de' documenti e si cercasse di assicurarli dall'ingiurie del tempo e degli uomini. A noi, intenti solo a fare una breve storia delle carte lucchesi, quelle cioè del Governo o ad esso affidate, basterebbe di conoscere quando e come ebbe origine a Lucca un Archivio del pubblico. Ma su questo non c'è riuscito di trovare alcuna memoria; e non è a far maraviglia, giacché di cose molto maggiori, neppure della libertà nostra, si può determinare con sicurezza il cominciamento. Talché altro non resta che supporre si principiassero a raccogliere e custodire in luogo sicuro le scritture ed i libri delle potestà e delle magistrature lucchesi, dopo che il Governo del Comune fu del tutto stabilito e ordinato. Di un pubblico Archivio a Lucca si trova menzione per la prima volta nel 1217. Sono vari cronisti non contemporanei, che scrivono come in quell'anno (e taluno cita anche il giorno, cioè il 15 di Luglio) andò in fiamme e ruina la torre di Pagano Ronzini presso S. Salvatore in Mustolio, con morte di più persone e con danno della Camera de' Libri del Comune, posta nella torre stessa o lì presso. La mancanza dei documenti sicuri, ed il silenzio di Tolomeo Fiadoni, che pone bensì la caduta della torre, ma tace della Camera, possono farci stare dubbiosi, ma non persuaderci che la notizia sia falsa. Di que' diversi scrittori uno aggiunge, che, dopo il caso, la raccolta delle carte si seguitò nel palazzo del Podestà; e questo pure abbiamo voluto riferire, non avendo migliori informazioni sul luogo dove risedesse la Camera avanti il 1377 [001]. Così è probabile che siffatta istituzione fosse fin da' suoi primi tempi regolata con particolari Capitoli, la cui sostanza sarà poi stata riferita nelle Costituzioni del Popolo e del Comune, che si ebbero ne' secoli XII e XIII. Ma poiché sono venuti a mancare anche questi monumenti, è forza contentarci di ciò che sulla Camera de' Libri e delle Scritture si legge nello Statuto del 1308, primo e più antico Statuto del Comune che a noi sia giunto per intiero.

II. Basterà qui indicarne le principali prescrizioni. Dovevano consegnarsi, e quindi rimanere nella Camera, gli atti de' Consigli ne' quali stava la suprema autorità della Repubblica, insieme con quelli delle Curie; nome onde venivasi indicando generalmente le magistrature, così politiche come amministrative e giudiziarie: ed era poi obbligo de' Cancellieri il depositarli a mano a mano che cessavano d'ufficio. Dovevano del pari esservi posti e conservati, con certe regole particolari, i libri ed i repertori de' banditi, e le sentenze per delitto o per debito. I protocolli, de' notari, contenenti gli atti di ragione privata, non era legge che si dovessero mandare nella Camera: rimanevano presso di loro, e facevan parte del patrimonio di essi; quindi restavano negli eredi e ne' successori. Morti però i notai, chiunque fosse divenuto padrone de' libri loro, dovea farne denunzia alla Camera; nella quale si tenevano speciali registri per cosiffatte dichiarazioni, a pubblica garanzia e utile di chi volesse consultarli. Per gli strumenti poi di vendite e alienazioni da 25 lire in su, v'era un'altra sicurezza, nascente dall'obbligo che si aveva di denunziarle ad uno speciale ufficio, che si disse Gabella delle Vendite e delle Doti, con pagare certo dazio e lasciar copie, le quali probabilmente passavano nella Camera. Ma una delle più importanti collezioni di scritture che appartenessero a quest'ultima, era il così detto Registro della Città o del Comune di Lucca; trascrizione autentica e solenne di tutti gli atti relativi ai diritti della Repubblica; quello, insomma, che in altre città s'intitolava Liber Iurium o con nomi poco dissimili. Del Registro parla in diversi luoghi lo Statuto del 1308. Tolomeo, il più vecchio de' cronisti lucchesi, ebbe modo di esaminarlo, e spesso lo cita ne' suoi Annali; dove allegò pure gli Acta o Gesta Lucensium, che si giudica fossero come una cronica o diario autentico delle azioni della Repubblica e del Popolo; forse, esso pure conservato nella Camera e per avventura compilato da' suoi officiali. Dallo Statuto si rilevano per incidenza anche i nomi di coloro che nel 1308 erano deputati alla custodia della Camera de' Libri e del Registro, cioè i due notai lucchesi Conte Clavari e Tedaldino Lazari Gay.

III. Ma la bontà delle leggi e delle istituzioni è troppo spesso resa vana dalla malvagità degli uomini. Uno de' giorni più nefasti per questa città fu il 14 Giugno 1314, quando venne occupata a forza, messa a fuoco ed a sacco dalle masnade teutoniche e pisane condotte da Uguccione della Faggiuola; se pure non si deve principalmente a Castruccio degli Antelminelli la colpa di queste scelleratezze. Tra le cose rubate e incendiate furono le scritture pubbliche e gran parte delle private; imperciocchè in quella furia di ardere e rubare, che durò più giorni, si mise mano anche nella massima parte delle case de' cittadini: Perfino i luoghi religiosi non andarono esenti da quelle rapine; e Uguccione s'impadronì anche delle scritture del Vescovato, con animo di spogliarlo delle possessioni, non curando per niente nè le proteste nè le minaccie del Vescovo Enrico. E fu gran miracolo, che qualche tempo dipoi, spaventato dalle minaccie della Curia Romana che ordinò intorno a questo un processo severissimo, il Faggiolano s'inducesse alla restituzione de' documenti, che si riebbero confusi e forse non tutti [002]. Le ingiustizie e i danni che di lì a poco trasse con sè la perdita delle pubbliche e private scritture, furono così odiose ed enormi, che quegli stessi che n'erano stati gli autori vollero darvi riparo, per quanto potevano. Essendosi chi tentava d'usurpare i beni altrui, col pretesto che il possessore non ne avesse legittimo documento, gli Anziani, coll'approvazione di Filippo da Caprona, Vicario d'Uguccione, il 3 Novembre 1315, dovettero dichiarare, che mancando i titoli scritti del diritto, fossero valide le tenute o possessioni di fatto [003]. A rimediare poi a' danni recati alle donne ed ai minori per la perdita di molti istrumenti, il Consiglio Generale, adunato il 4 Ottobre 1317, ordinava che Ugolino delle Celle, Vicario di Castruccio, insieme con cinque Savi, dovesse riconoscere e determinare le doti e i diritti delle femmine e de' loro eredi, dopo aver raccolte le opportune informazioni e denunzie. Benchè distrutte le antiche scritture, l'istituzione della Camera durò sotto la signoria di Castruccio, cogli ordinamenti consueti; e vi si raccoglievano gli atti che a mano a mano si andavano scrivendo; anzi trovasi che ne fosse tuttavia Custode quel Ser Tedaldino Lazari Gay, già ricordato. Morto Castruccio i Lucchesi con quarant'anni di pianto e di servitù dovettero scontare le brevi glorie di lui. Anche il 19 Marzo 1329 fu trista giornata per la innocente città, poichè Lodovico il Bavaro la fe correre dalle sue masnade, che ne misero di nuovo a sacco ed a fuoco la parte migliore [004]. Altre carte del pubblico e di private persone vennero distrutte; perché sembra, che volendo in ogni modo far più danno che si potesse, cercassero studiosamente di rapire e distruggere i documenti. Di tale scempio è menzione in un capo aggiunto allo Statuto del Comune dell'anno 1331, col quale si provvedeva di nuovo ad assicurare le doti e i diritti delle femmine; nonché in un capo dello Statuto delle Curie dello stesso anno, vietante a qualsivoglia persona di opporsi contro le tenute, i bandi, gli insoluti e le sentenze pronunziate nelle Curie medesime, allegando la mancanza delle carte e de' libri [005]. Ma forse più chiaramente fu espresso il danno di quell'incendio in uno stanziamento del 5 Ottobre 1334, col quale si stabiliva esser validi i contratti di vendita dal 1320 al 1329, anche non risultando la loro insinuazione ed il pagamento della Gabella; imperocché vi è scritto: Cum propter ignem missum in Civitate Lucana, in anno D.MCCCXXVIIII, die XVIIII Martii, multi libri, imo quasi omnes libri et scripture Lucane Camere, et Lucani Comunis et Gabelle, fuerunt combusti et deperditi [006]. E neppur questa fu l'ultima sciagura dell'Archivio lucchese in que' tempi. I figliuoli di Castruccio, già tolti di signoria e banditi, sendo rientrati coll'armi nella città la notte del 25 Settembre 1333, per due giorni ci si ressero facendo vendette; e invasa la Camera, la saccheggiarono, coll'intento d'impadronirsi del Libro degli Sbanditi e delle sentenze pronunziate contro di loro. Il che avendo essi conseguito, dovettero dovettero gli Anziani pensare nuovi modi, perché l'opera della giustizia non fosse altre volte impedita col rubare e distruggere le carte de' tribunali [007].

IV. Di tanto detrimento, che in meno di venti anni ebbero a soffrire le memorie nostre, furono cagione le due cose che più riescono infeste alle città e agli Stati, le fazioni interne e le soldatesche forestiere. La distruzione delle scritture del pubblico può dirsi che fosse intera per que' due primi guasti del 1314 e 1329. Perirono gli atti dell'antico Comune e del Popolo avanti la venuta d'Uguccione, e quelli de' reggimenti che succedettero fino a tutta la signoria di Castruccio; nonché il prezioso Registro del Comune e le Gesta de' Lucchesi. E se alquanti libri e documenti più antichi del 1329 sono oggi in Archivio, deve attribuirsi all'essersi allora salvati, perché posti in qualche luogo che per ventura fu risparmiato dal sacco e dall'incendio, o perché trafugati da que' saccomanni, poteron riaversi col tempo. Le lacune parziali ne' registri delle Curie dal 1329 al 1333 debbonsi attribuire a quell'ultima impresa de' Castrucciani. Alquanti documenti, che pare fossero privilegi e carte antiche, affermanti la libertà e i diritti di Lucca, a buon fine e per amore di patria, erano stati trafugati da que' guelfi che esularono allorché la città venne in servitù; e dopo esser stati in sicuro a Venezia presso la Scuola del Volto Santo, furono restituiti, quando riavuta ed assicurata la libertà, la Signoria li richiese [008].

V. Frattanto la Camera, benché vuota di scritture antiche, rimase aperta, e cominciò a rifornirsi con quelle che a mano a mano s'andavano scrivendo negli uffizi, essendosi mantenuti gli ordini soliti delle consegne. De' libri relativi alla custodia della Camera il più antico che rimanga è del 1342; ed è un registro di quelle scritture, che per una cattiva pratica, sanzionata però negli Statuti, si cavavano fuori mediante licenza degli Anziani. L'inventario più vecchio è del 1344; forse il primo che si rifacesse dopo le distruzioni narrate. In più cronache nostre [009]si legge, che fra le molte cattivezze de' Pisani, che tennero Lucca dal 1342 al 1369, fu di cercare studiosamente le antiche ed onorate memorie della città per distruggerle. De' fatti di questa natura, pur troppo assai verosimili, non è da sperare che possa trovarsi la certezza. In ogni modo però, le carte che in quegli anni si andavano scrivendo da' pubblici reggitori e negli uffizi della mal capitata città, eran tali da non risultarne gloria a nissuno nissuno, nè i Pisani potevano sentir gelosia che si conservassero. Perciò non tolsero la Camera; e nello Statuto di Lucca rinnovato per opera loro, son confermate le solite regole di quella istituzione. Ma un Governo malevolo e dispettoso come quello, non è poi a credere fosse molto sollecito della buona conservazione de' documenti.

VI. Ora è qui da avvertire un fatto capitale nella storia delle scritture pubbliche di Lucca. Dopo la ricuperata libertà (a. 1369), e specialmente dopo che il Consiglio Generale, gli Anziani ed i principali uffizi della Repubblica, ebbero messo stanza nel Palazzo di S. Pietro in Cortina, cominciarono a trattenersi nel luogo stesso gli atti di quelle autorità; proseguendo bensì a mandarsi alla Camera o Archivio Pubblico i libri de' tribunali e delle Curie e magistrature di ragion fiscale, come l'Esattore, il Sindaco, il Fondaco, le Gabelle, l'Estimo ec. Talché, dove prima era un solo e generale Archivio, ora se ne vennero formando due; uno nel Palazzo Pubblico, degli atti delle potestà legislative e politiche; l'altro nell'antica Camera, degli atti de' notari, de' tribunali e delle istituzioni attenenti al fisco; restando frattanto in quest'ultima anche le scritture della prima qualità consegnate avanti il 1369. È perciò a dirsi alcuna cosa sulle vicende de' due diversi depositi a tempo della Repubblica, che restaurata in quell'anno, durò fino al 1799.

VII. Che ordinamento si desse in principio alle carte di Palazzo, non sappiamo di sicuro; crediamo però, che gli atti del Senato o Consiglio e degli Anziani si tenessero presso il primo Cancelliere; e che quelli de' magistrati minori e dipendenti, ma tuttavia esercitanti uffici d'onore e di governo, restassero nelle stanze dove respettivamente risedevano e si congregavano. Accadde inoltre che talune scritture, come i privilegi, i diplomi ed altri atti in cartapecora, gli Statuti, le lettere de' Principi e degli ambasciatori, e certi fogli e libri di differenze co' Governi vicini, quelli insomma di cose di Stato e di soggetto geloso e di particolare interesse politico per que' giorni, si andassero a mano a mano riponendo in una stanza chiusa ed appartata nello stesso Palazzo, usata alla custodia degli oggetti preziosi e del tesoro riservato; qual luogo, per reminiscenza dell'aerarium sanctius di Roma, posto nell' Arce capitolina, si chiamava qui, e forse presso altre repubbliche medievali, Tarpea [010]. Il chiudere le carte e le altre cose nobili e di valsente nella Tarpea, si dice fosse trovato nella peste del 1399, per impedire il caso che essendo maneggiate da alcuno colto dalla malattia, fosse necessario il distruggerle [011]. Qualunque sia però il principio di quest'usanza, che probabilmente è assai più antica, ne venne che nel luogo di residenza del Governo, l'Archivio restò suddiviso in due parti: una pubblica, o per dir meglio non segreta, nelle Cancellerie; l'altra, segreta, nella Tarpea, di cui teneva le chiavi il principale Cancelliere, e dove non era conceduto d'entrare e di leggere i fogli senza particolare licenza [012].

VIII. La calata di Carlo VIII fu generalmente per gli Stati d'Italia il principio d'una lunga serie di travagli. Anche Lucca, non bene ristorata delle perdite e de' mali sofferti nella prima metà del quattrocento, ebbe nuovamente a patire per quella invasione e per i casi che ne derivarono. Poi vennero i tumulti interni, la guerra nella finitima Toscana, coll'assedio di Firenze ed altri fatti che obbligarono i reggitori della Repubblica ad intendere al fine supremo di conservare la libertà e l'indipendenza, distogliendoli quasi del tutto da' negozi dell'interna amministrazione. E la quiete può dirsi che non si riebbe se non trascorsi quarant'anni; cioè finchè non furono cacciati i Poggeschi, sottomessi gli Straccioni, allontanate le guerre ed assicurata la Repubblica per la protezione di Carlo V. Lucca poté volgersi allora a migliorare e riformare gli ordinamenti interni; ed anche la conservazione de' documenti divenne oggetto delle sue sollecitudini. Prima di tutto il Consiglio Generale, adunato il 9 Febbraio 1536, eleggeva tre cittadini coll'incarico di ritrovare ed assicurare il più che si potesse di scritture pubbliche, le quali dovessero attestare ne' tempi avvenire i diritti de' Lucchesi sul paese vicino. In quest'ordine è chiaro, che non era alieno l'intendimento politico di mantenere salve, mediante le testimonianze scritte, l'antiche ragioni su que' tratti di territorio di cui la Repubblica era stata di recente spogliata da' vicini, soprattutto per il lodo pronunziato da papa Leone nel 1513. Il che fu pienamente inteso ed eseguito dai Tre, che mantenuti in ufficio fino al 1542, non solo ebbero modo d'ordinare e descrivere le carte di Tarpea, ma altre assai ne raccolsero da più parti, anche da private persone; fecero eseguire le copie di molti libri, e formare di pianta speciali collezioni, come quella principalissima de' Libri delle Sentenze, onde in qualche modo si riparava alla perdita dell'antico Registro [013]. Venuta a fine l'opera loro, il Consiglio elesse un numero d'altri tre cittadini coll'incombenza incombenza di vigilare all'esecuzione degli ordini di Cancelleria, ed alla tenuta regolare de' libri. Di qui venne poi l'Offizio che si disse sopra le Scritture, il quale, fatto perpetuo e ordinario, durò fino al 1801 [014]. Ebbe questo in sostanza a sopravvedere agli Archivi Lucchesi, con autorità stesa del pari alla Camera e al Palazzo. Curava che fedele e diligente fosse la custodia; che i libri che dovevano presentarsi ne' due Archivi da' Cancellieri, vi fossero ne' tempi ordinati; che venissero tenuti in giorno, e corredati de' repertori. Sopra di che, a proposta sua, si fecero di mano in mano nuove leggi, per lo più dirette a richiamare all'osservanza le antiche, le quali per naturale inclinazione di chi doveva eseguirle, si andavano qualche volta dimenticando. Per eccitamento dell'Offizio si rifece pure tre volte l'Inventario della Tarpea; il primo de' quali, come si disse, era stato compilato dalla Cura eletta nel 1536.

IX. Le carte di Palazzo, che pareva dovessero più dell'altre essere assicurate da' casi che nel mondo sovrastano di continuo alla roba, ebbero a correre gravi rischi; e infine alquante se ne perdettero, benchè in comparazione di non poche città, la nostra possa dirsi fortunata. Fu usanza un tempo di conservare le polveri da guerra ne' campanili e nelle fabbriche eccelse; e in Lucca n'era piena una delle torri del Palazzo, detta la Castruccina. Quand'ecco che il 28 Agosto 1576, suscitatasi un'orribile procella, il fulmine venne a investire essa torre, che in un attimo saltò in aria, con orrendo rumore e colla morte di molte persone. Le fabbriche contigue soffrirono grandemente; il Palazzo ne fu tutto scosso e alcune parti ruinarono addirittura, e fra queste i luoghi dove stavano la Tarpea e l'Offizio sopra l'Entrate, principalissima delle magistrature lucchesi. Le scritture della prima si poterono ritrovare quasi tutte nelle macerie, ma del secondo molte ne andarono perdute, come a suo luogo si vedrà. I ripari però furono prontissimi; e a restaurare e quasi rifare la fabbrica, si chiamò da Firenze Bartolommeo Ammannati, insigne architetto. Nella ricostruzione guadagnarono forse anche le stanze ove quind'innanzi dovevano porsi le scritture; la Tarpea si fabbricò in luogo più opportuno ed accomodato [015]. Non trascorse però gran tempo che avvenne altro caso pericoloso. Il 3 Ottobre 1593 si appiccò il fuoco ad una parte dell'edifizio, dove alcuni erano sostenuti prigioni, e l'incendio stava per invadere le stanze sottoposte, dove appunto era la Tarpea e la Cancelleria principale; ma fu dato di spengerlo avanti che vi facesse danno. Oltre questi fatti, ne' quali corsero rischio di perdersi del tutto, ve ne furono altri che parzialmente nocquero all'integrità delle scritture. Qualche volta pare, che venuta meno la vigilanza, si lasciassero con troppa facilità maneggiare e cavar fuori da que' cittadini e da' Cancellieri, che avevano mano nelle cose pubbliche; di che ne fanno prova i bandi che a volta a volta si mandarono fuori ordinando la restituzione di documenti scomparsi. Fra le molte scelleratezze di Bernardino degli Antelminelli, fu pur quella di sottrarre dal Palazzo varie scritture, come si ricava dall'inquisizione, che nell'anno 1596 venne fatta contro di lui. E alcuna volta non mancò neppure il tradimento per parte di chi doveva esserne gelosissimo custode; di che fu il caso quando Marcantonio Lorani, uno de' Cancellieri, v'operò un furto per vile cagione di guadagno, che venne scoperto e severamente punito [016]. Di queste perdite non possiamo però sapere l'appunto, poichè delle Cancellerie non si usava tenere inventari. Nell'Inventario ultimo di Tarpea, compilato al cominciare del settecento, v'è bensì in fine la nota di quelle scritture, che prima esistevano in cosiffatta raccolta e che allora non furono ritrovate [017].

X. Già fu mostrato non essere verosimile che i Pisani avessero posto molta diligenza nel provvedere alla conservazione delle carte lucchesi, che nel tempo della dominazione loro seguitarono a depositarsi nella Camera. Certo è che tornata Lucca a libertà, Francesco Dati, il 12 Agosto 1377, ebbe a proporre nel Consiglio Generale, che le scritture si togliessero dal luogo dove erano allora accumulate, e si trasferissero nella torre o procinto, che popolarmente si diceva la carcere di Raimondo, per esservi stato chiuso Raimondo da Cardona, Capitano de' Fiorentini, fatto prigione nella giornata dell'Altopascio. La sua proposta restò approvata pro maiori et securiori conservatione librorum et iurium civium et singularum personarum Civitatis Lucane. Undici anni dopo, cioè nel 1388 [018], lo stesso Consiglio richiamava in vigore la legge che imponeva a chi tenesse protocolli di notari defunti, di denunziarli alla Camera; la qual prescrizione, ripetuta in tutti gli antecedenti Statuti [019], era forse caduta in dissuetudine. Ma quest'ordine delle denunzie, anche quando si eseguisse con rigore, era in sè poca cosa, se i possessori non avessero custodito scrupolosamente i protocolli denunziati. Infatti, di lì a pochi giorni si toccò con mano l'insufficienza della legge, quando venne presentata al Consiglio una rimostranza dello stesso Custode della Camera, il quale avvisava che un buon numero di libri di notari erano stati appunto allora venduti a peso di carta agli speziali, con grandissima iattura de' cittadini che avevano scritte le loro ragioni in que' volumi. Alla qual cosa si riparò ordinando, che si trovasse modo di averli, e si mettessero nella Camera [020]. Da quel giorno fu come stabilito in massima, che fosse bene si raccogliessero i protocolli in un luogo pubblico; e si trova infatti, che a mano a mano, o per industria de' Custodi della Camera, o per ordini speciali, o per volontaria cessione de' padroni, se ne andò facendo ivi il deposito; il quale poi fu reso d'obbligo per solenne disposizione dello Statuto ultimo del 1539 [021].. In questo modo, mentre la Camera cessava di ricevere le scritture politiche e di Governo, che rimasero dal 1369 in poi nel Palazzo, veniva accresciuta dell'importantissima raccolta degli atti de' notari, che diventò coll'andare degli anni la maggiore che le fosse affidata. Contuttociò le scritture Politiche, che v'erano state messe in antico, vi rimasero, salvo forse alcune che per qualche particolare ragione si richiedevano dal Palazzo. Ma vi rimasero come robe fuor d'uso, e negl'inventari più moderni si tralasciò perfino di registrarle; laonde finirono coll'essere dimenticate, e generalmente non furono vedute dagli studiosi della storia paesana.

XI. Tutti gli Statuti generali del Comune trattano degli obblighi e dell'autorità de' Custodi della Camera, e se ne fece uno speciale capitolo anche nello Statuto Regiminis del 1449. Ma per più facile informazione è a leggersi quello intitolato: De officio Notariorum deputatorum ad custodiam librorum Archivii seu Camerae Lucensis Civitatis, nell'ultimo Statuto ora citato e che è a stampa [022], le cui prescrizioni non furono sostanzialmente mutate durante la Repubblica, nè sono gran fatto dissimili da quelle che rimasero dipoi. Col mutare dell'ordinamento de' tribunali venne però meno ai notari custodi della Camera la parte che spettava ad essi nell'esecuzione delle sentenze di bando, cioè nelle condanne pecuniarie; le quali in antico toccava loro a cancellare, quando o per fatto pagamento, o per grazia, o per altre ragioni, fossero state soddisfatte e saldate. Come già fu detto, anche su questa istituzione ebbe ingerenza l'Offizio sopra le Scritture, che curò all'esecuzione degli ordini che la riguardavano; e procedette pure a straordinarie revisioni di libri, ed al rinnovamento degl'Inventari [023]. Col tempo, il titolo di Camera delle Scritture o de' Libri andò in disuso, e si disse Archivio Pubblico o de' Notari, senz'altro. Ed era veramente veramente pubblico, poichè a qualunque persona vi avesse interesse era conceduta lettura de' documenti, e se ne poteva trar copia, previo il pagamento di certe tasse.

XII. Nel Febbraio del 1799 cessava la Repubblica, che per l'esclusione continua de' nuovi cittadini dall'aver parte al Governo, s'era trasformata in un reggimento aristocratico. E prima di tutto convien dire che que' vecchi, benché si avvedessero che s'avvicinava la lor fine, e avessero il tempo di prepararvisi, non fecero scomparire volontariamente neppure un foglio degli atti del governo loro, nemmeno de' recentissimi e più gelosi. Vollero invece, e di ciò si deve ad essi gran lode, che la storia potesse giudicarli dalle opere, qualunque si fossero. Succeduta invece, ai 4 di Febbraio, gente nuova e tutta infervorata di francese democrazia, è certo che dovette guardare con disprezzo quella gran mole di carte che ingombravano il Palazzo, ricordo di cose e di tempi odiosissimi. Da un processo istruito nello stesso anno 1799 si ricava, che alquante di quelle scritture erano state, per arbitrio d'alcuno di que' primi democratici, fatte vendere a peso [024]. Un'altra perdita avvenne in quel medesimo anno per opera de' soldati austriaci, che nello svaligiare l'armeria pubblica distrussero buona parte delle scritture dell'Offizio sopra la Munizione di Cortile [025]. Ma cessati i primi dispetti e quelle violenze, gli Archivi del Palazzo furono soggetto di provvedimenti lodevoli. Infatti, con una legge del Governo Provvisorio, de' 23 Febbraio 1801, fu istituita una speciale custodia de' medesimi, affidandola a due Cancellieri giubilati. Riordinata poi una ragionevol Repubblica, dove sedettero con assai concordia e vecchi e nuovi cittadini, per un regolamento sanzionato dal Potere Esecutivo il 27 Agosto 1804, si decretò che tutte le carte de' Governi passati si custodissero nella Cancelleria Generale, sotto la vigilanza d'un impiegato proprio. Nel giorno stesso si diè l'ufficio a Girolamo Tommasi, il quale per oltre quarant'anni e con molto onore rimase Archivista dello Stato Lucchese.

XIII. Trasformata la Repubblica in uno de' principati, che allora sorgevano in Italia e fuori per la volontà di Napoleone, ambedue gli Archivi di Lucca ebbero a mutar luogo. Poichè messo mano nel 1805 a ridurre il Palazzo Pubblico a residenza de' Baciocchi, l'Archivio di Stato (così oramai si diceva la Cancelleria Generale) dovette sgomberare, ricoverandosi in una parte del convento de' Domenicani di S. Romano. Poco dopo, per far piazza avanti il Palazzo stesso fu deliberato di gittare a terra le fabbriche ivi poste dal lato d'oriente, Poco dopo, per far piazza avanti il Palazzo stesso fu deliberato di gittare a terra le fabbriche ivi poste dal lato d'oriente, una delle quali era occupata fino dal 1377 dalla Camera o Archivio Pubblico. Per ricovero di questo si pensò, al solito, a diversi monasteri, ed anche ad altre case; ma sgomentò la spesa che occorreva per adattarle [026]. Finalmente, poiché in ogni modo bisognava risolvere, nel Luglio del 1808, l'Archivio fu trasferito a modo di provvisione nella chiesa de' SS. Giovanni e Reparata, che divenne così un vasto magazzino di carte, e si chiuse al servizio di religione [027]. Ma se nella carcere di Raimondo, per quanto la Repubblica vi avesse speso più volte per migliorarla, molte delle carte, che di troppo erano cresciute col volgere degli anni, furono trovate guaste dall'umido; peggiore e meno atto fu il luogo dove si trasportarono, per essere a terreno sodo, nella parte più bassa della città. Talchè i due Archivi ebbero in conclusione peggiore stanza di prima. E pur deve dirsi che i fatti riguardanti a questi, durante il Principato de' Napoleonidi, si restringessero a i due traslocamenti. Non mancarono però al solito disegni e propositi di far cose migliori e maggiori. Fu anzi trattato di aprire in Lucca un Generale Archivio Diplomatico o di Stato, da riunirvi anche i documenti del Ducato di Massa e Carrara e della Garfagnana, aggiunte al Principato dell'Elisa, per un cenno del potentissimo Imperatore fratello di lei. Giorgio Viani della Spezia, venuto a Lucca con qualche entratura presso la medesima, compilò un disegno di quel nuovo istituto, che invero sarebbe riuscito solenne e grandioso. Si trattava di raccogliere in un luogo solo, e sotto una generale Direzione, i due Archivi lucchesi di Stato e de' Notari, tutti i libri e le pergamene delle corporazioni religiose, l'Archivio Segreto o Ducale di Massa ed il Provinciale di Castelnovo di Garfagnana [028]. E sebbene la nuova fondazione, per quanto almeno sappiamo, non si decretasse regolarmente, pure in qualche maniera si cominciò a preparare, come quando si fecero venir qua in più casse le carte de' Principi Cybo [029], e quelle di Garfagnana. Ma l'Elisa, che governava in Lucca per sè e per il marito, fu chiamata nel 1809 a capo della Toscana, come Granduchessa Reggente, e dovette per necessità esser distratta dalle cose nostre. Indi a poco s'offuscò la stella napoleonica, e Lucca e Toscana fu perduta per lei. Tra le moltissime e forse troppe cose avviate, che restarono interrotte, fu pur questo disegno del grande Archivio di Lucca. Le carte massesi e garfagnine, dopo essere state qua inerti per alcun tempo, si dovettero rimandare dond'eransi levate; le prime nel 1814 [030], l'altre nel 1822 [031]. E nemmeno restarono quelle degli stessi Baciocchi, relative al loro governo di Piombino, Massa e Garfagnana, che parimente bisognò mandare ai nuovi padroni di que' paesi [032]. Ma ciò che fu cosa più singolare, niuno de' documenti delle corporazioni e de' monasteri indemaniati e soppressi fu aggiunto all'Archivio di Stato. Le pergamene (non sappiamo il perché) non parvero roba per lui, e si dettero alla Libreria di S. Frediano, dove restarono definitivamente quelle de' Conventi che non si riaprirono, essendosi rendute le altre ai vecchi padroni. Così gli Archivi ecclesiastici e de' monasteri, cioè i libri e le scritture che non erano pergamene, dopo essere state raccolte alla peggio dal Demanio [033], prima furono tenute presso quella scompigliatissima amministrazione; poi, soppresso il Demanio, vennero in mano della Commissione Ecclesiastica che gli successe, e che ne fece un deposito a sè, dove son tuttavia. Diremo infine, che i Principi Napoleonici, nell'atto di abbandonare il paese, non imitarono la vecchia Repubblica, perché vollero che scomparissero alquante scritture del proprio Governo, quelle cioè che più delle altre avrebbero dovuto lasciare intatte, perché mostravano l'uso fatto da loro del patrimonio dello Stato [034].

XIV. Venuta Lucca sotto la potestà di Maria Luisa di Borbone, si cercò tosto un nuovo luogo per l'Archivio Notarile, a fine di levarlo dalla fabbrica dove s'era collocato nel 1808, e dove stava mal custodito e riparato. Anche il pensiero di rendere al culto una chiesa, non certo fra le ultime della città, doveva essere stimolo grande nel cuore di quella Principessa divotissima. Non trovandosi però un luogo a proposito negli edifizi pubblici, ridotti a pochi per il riaprirsi che si faceva delle chiese e de' conventi, la Duchessa, con Decreto de' 22 Novembre 1818, ordinò che si edificasse addirittura un palazzo nuovo. Nel mentre che s'andava studiando il luogo da porre la nuova fabbrica, e si raccoglieva il denaro occorrente mediante alcune tasse, accadde che in una gran tempesta d'acqua e di tuoni, scoppiata nella notte venendo il 5 Giugno 1821, un fulmine toccò la chiesa di S. Giovanni, benché provveduta del filo di salute, e scoperchiato in parte il tetto, dette luogo di allagarla con danno delle scritture. Si provvide subito; ma anche questo caso valse a sollecitare la remozione dell'Archivio da luogo sì disgraziato. Il che si potè fare di lì a poco, anche senza erigere una fabbrica apposta, perché nell'anno appresso capitò il destro al Governo Ducale di comperare, per una somma, che anche allora parve discreta, il nobil palagio dei Guidiccioni, posto nel bel mezzo della città, ma in luogo quieto, libero da ogni lato, avente insomma tutti i requisiti opportuni [035]. Quivi vennero pertanto trasferite le carte di S. Giovanni, fra le quali se ne trovarono di nuovo alquante guaste e inservibili. Nell'Archivio di Stato, rimasto così disagiato dov'era, in un lembo del convento di S. Romano, furono prima mandate le carte del Principato, quindi cominciarono a raccogliersi quelle del Ducato, che a mano a mano si mandavano dai Ministeri e dagli Offizi. Delle quali poi fu fatto un più copioso deposito dopo il 1847, quando Lucca ebbe cessato d'avere un governo a sé, e venne unita al Granducato Toscano. I Borboni lasciando Lucca per Parma non distrussero documenti pubblici, e portarono solamente con loro le carte private o relative alla Regia Casa ed alla loro azienda particolare [036].

II.

SEGUE LA STORIA DEGLI ARCHIVI DOPO IL DUCATO. Istituzione d'una Soprintendenza Generale agli Archivi di Stato di Toscana, coll'incarico di riordinare quello di Lucca (1856) - Avanti di mettervi mano si pubblica una descrizione sommaria del medesimo, secondo che fu trovato - Nel 1858 si dà principio al suo rinnovamento - Viene accresciuto con moltissime scritture di più provenienze - Che si facesse per ordinare le carte vecchie e nuove - Il Palazzo Guidiccioni vien messo a disposizione, in gran parte, per l'Archivio di Stato, e si riduce a ciò con molte e diverse opere - Traslocazione parziale dell'Archivio degli Atti Notarili, e divisione del medesimo in due depositi - L'Archivio di Stato è nella nuova residenza dentro l'anno 1860 - È accresciuto dipoi per altre carte - Nuovi lavori intorno alla fabbrica negli anni 1867 e 1868 - Ragguaglio dell'attuale distribuzione - Inventari e lavori d'illustrazione alle diverse serie che lo compongono - Inventario Generale a stampa, e suo metodo.

I. Ora la storia dell'Archivio nostro si va connettendo con quella degl'istituti simili dell'intera Toscana. Fino dal 1852 era stata fatta una Direzione Centrale degli Archivi di Stato in Firenze, cui fu a capo Francesco Bonaini, già Professore di Storia del diritto nell'Università pisana, col titolo di Soprintendente. In principio, l'opera sua e di coloro che l'ebbero a coadiuvare, venne spesa tutta in dar ordine nuovo, anzi nuova vita all'Archivio Fiorentino; e come ciò riuscisse con applauso generale, e con vantaggio inestimabile degli studi storici, non occorre di ripetere in questo luogo. Diremo bensì, che la prova ben riuscita a Firenze mosse il Governo Granducale a creare una Soprintendenza generale degli Archivi, allargandone l'autorità al rimanente della Toscana. Ciò avveniva per un decreto del 27 Agosto 1856, nel quale s'indicava che dovesse specialmente intraprendersi il riordinamento degli Archivi di Stato di Lucca e di Siena, le due città toscane che dopo Firenze avevano avuto più lungamente un governo a sè, e vita politica propria [037].

II. A noi tocca il raccontare come l'intenzione del Governo fosse eseguita qui in Lucca. E prima di tutto conviene esporre chiaramente in che condizione stesse il vecchio Archivio di Stato, che doveva essere di fondamento al nuovo. Salvo l'accrescimento per le carte moderne, che v'erano state deposte dopo la cessazione del Ducato, era questo nelle condizioni medesime in cui lo aveva lasciato Girolamo Tommasi, morendo nel 1846. Ne' quaranta e più anni che vi fu preposto, mai aveva egli cessato di mettervi attorno moltissima cura ed amore. Forse non vi fu libro o carta che egli non esaminasse, e niuno fu mai nè sarà forse più, che tanta pratica e padronanza avesse acquistata de' documenti e della storia nostra municipale. Di che ne dà bella prova il suo Sommario, così pieno d'informazioni e compilato con tanta sicurezza di critica; per non dire de' molti quaderni di spogli e delle particolari memorie manoscritte che lasciò, illustranti gran parte de' fatti amministrativi ed interni di Lucca. Della materiale conservazione de' documenti fu pure studioso, e moltissimi registri del regime repubblicano furono per sua diligenza politamente rilegati. Aveva poi una cura affatto particolare, e quasi diremmo eleganza, per acconciare e mettere in regola le scritture sciolte, delle quali ebbe ad assestare un grandissimo numero, a lui venute arruffate e scomposte. Certe annotazioni e richiami che spesso si trovano di sua mano in fronte ai registri e su' mazzi delle filze, sono sempre opportune ed utilissime. Ma al Tommasi, così solo, senza scrivani, senza chi potesse porgergli un po' d'aiuto, distolto e sopraffatto da altri uffici e commissioni pubbliche, non bastaron le forze per compilare inventari compiuti, e regolari illustrazioni delle raccolte che aveva in custodia. Di più, la material condizione e l'angustia del luogo dov'era imprigionato l'Archivio, la necessità spesso di accomodare le carte agli scaffali, non questi a quelle, gli impedirono di disporle con ordine, come certamente avrebbe voluto e saputo. Nelle carte repubblicane mantenne pertanto la tradizionale divisione di Tarpea e di Cancellerie; solamente annettendo alla prima certe qualità di libri, che a lui parvero dovere stare innanzi per la loro preziosità ed importanza: e in questo modo costituì una serie che mise la prima, notando nel catalogo vecchio della Tarpea le cose aggiunte [038]. De' registri degli Offizi fece la serie seconda; in una terza allogò le scritture sciolte dei medesimi; la quarta e la quinta formò di manoscritti storici, di miscellanee e pergamene che non attenevano alla Tarpea. Queste classazioni però apparivano solamente dai titoli scritti nel dorso dei libri e delle filze, e nelle giunte a quel catalogo della Tarpea; giacchè a niuna serie fece inventario, e senza ne rimasero del pari le collezioni moderne de' tempi napoleonici e borbonici, le quali si tenevano, come il luogo concedeva, nel piano terreno. Quando v'era bisogno di far ricerche e di consultare documenti, suppliva a tutto la sapienza e la memoria dell'Archivista, e la pratica locale dell'inserviente, suo unico sussidio. Del resto l'Archivio era considerato principalmente come un deposito ad uso e comodo del Governo e de' suoi ufficiali; essendo caso rarissimo, e quasi straordinario, che vi facesse capo qualche studioso per ragione di storia. Erano tali però le mancanze di comodi, così gravi gli impacci de' regolamenti, così difficile difficile ottenere le licenze, da cui non erano esenti che gli Accademici Lucchesi compilatori della Storia Patria, che il male avventurato studioso doveva ritirarsi stracco e sgomento. Di che non vogliamo far rimprovero al piccolo Governo lucchese, ben sapendo che non diverse nè più liberali erano generalmente le condizioni degli altri Archivi italiani.

III. Il Bonaini, visitato l'Archivio, conobbe tosto la mancanza d'ordinamento; e per dimostrarla e convincerne altrui, usò d'un modo, semplice a un tempo ed arguto; quello cioè di pubblicare una sommarissima descrizione del medesimo nella maniera che allora era disposto. E scusando il Tommasi del non aver potuto far meglio per la necessità, mostrò ch'egli stesso non era appagato dell'opera propria [039]. Questa pubblicazione avveniva nel Maggio del 1857; e sul finire dell'anno appresso si mise mano al riordinamento dell'Archivio di Stato, o per dir meglio a formarne un nuovo dello stesso nome, il quale, non solamente doveva crescere forse più che tre volte tanto per il numero delle scritture, ma aver distribuzione del tutto mutata e nuovi regolamenti; ed infine trasferirsi in luogo diverso e senza comparazione migliore.

IV. Principalissima cagione dell'accrescimento fu il riunirvi quel numero stragrande di libri appartenenti alle magistrature giudiciarie ed alle istituzioni amministrative e politiche, che in forza delle leggi antiche erano stati consegnati alla Camera, e che tuttavia si custodivano nell'Archivio de' Notari, prosecuzione di quella. Nell'intento di formare una sezione diplomatica, si ebbero le pergamene che stavano presso uffizi dipendenti dal Governo. Le carte moderne vennero infine ad accrescersi in parte sostanzialissima con quelle del Gabinetto o Segreteria de' Principi Borbonici e del Consiglio di Stato, rimaste fin allora nel Palazzo. Le quali tutte, vecchie e nuove, si presentavano nel loro insieme senza inventari; chè gli antichi e parziali cataloghi d'alcune raccolte non corrispondevano alla condizione attuale delle stesse, e solamente potevano riuscire di guida e di riscontro. Pertanto bisognò sottoporre ad esame tutta la massa per riconoscerla, dividerla all'ingrosso, e descriverla in cataloghi sommarissimi, su' quali poi dovevano condursi gl'inventari descrittivi e regolari. Anzi mercè l'aiuto della Soprintendenza, che toglieva dalla loro sede di Firenze alcuni espertissimi archivisti e li tratteneva qua per più mesi, furono descritte accuratamente parecchie migliaia di registri di antiche Curie, vantaggiando così d'una parte assai scabrosa la compilazione degli inventari descrittivi. E questi lavori dovettero effettuarsi in un sito di mezzo e disagiatissimo, che fu la fabbrica detta del Sasso, dove per compenso erano state deposte, a modo di magazzino, tutte quante le carte, allorchè si tolsero dai due Archivi di Stato e de' Notari, i cui locali respettivi si andavano restaurando e riducendo al nuovo uso. Infatti era stato ordinato che nel Palazzo Guidiccioni dovesse aver sede il nuovo Archivio di Stato, riserbandone sola una piccola parte alle copie degli atti de' Notari; ed il luogo di S. Romano, che fin qui aveva ospitato l'Archivio medesimo, doveva cedersi in cambio all'altro de' Notari, per allogarvi gli originali de' protocolli, i quali si vollero quindi innanzi divisi dalle copie [040]. Cosicchè la Soprintendenza ebbe a curare ad un tempo ed i lavori della fabbrica, che s'andava accomodando per l'Archivio nostro, e gli altri di qualità del tutto diversa, che occorrevano per allestire le scritture che vi si dovevano trasportare. Il che riuscì pur fatto felicemente, senza che il servizio ordinario venisse neppure per un giorno interrotto; e senza che in quel rimescolamento e in tanta molteplicità di faccende, s'avesse a lamentare nè danni nè inconvenienti, e nemmeno a cozzare contro quelle difficoltà fastidiose che nascono dall'opposizione degli uomini, e che tanto straccano ed impediscono. Ma ogni opposizione era tagliata via prima che s'affacciasse; le strade tutte venivano spianate da quella mirabile volontà del Soprintendente, che spessissimo di presenza, sempre con ordini ed istruzioni, a tutto provvedeva e tutto dirigeva. E poiché gli uomini risoluti e bravi sogliono risolvere altrui, e infondere piena fiducia di sè, così, non solo non venne mai meno la lena in coloro che aveva scelti a collaboratori, ma il Governo Granducale prima, poi il reggimento provvisorio della Toscana che gli successe, fecero a gara per secondarlo ed offrirgli con larghezza e senza impacci i mezzi per ben riuscire nell'opera. La quale convien aggiungere fu confortata dal favore universale della cittadinanza; che, a torto o a ragione, aveva temuto che Lucca, dopo il suo congiungimento al resto della Toscana, dovesse restare negletta, ed ora sentiva gratitudine che si facesse cosa da riuscirle a decoro.

V. Frattanto nel Palazzo Guidiccioni si lavorava da più qualità di artefici sotto la direzione di Michele Cervelli, ottimo uomo, architetto ed ingegnere valente, il quale può dirsi che chiudesse con questo lavoro la vita lunga ed operosa. La facciata dell'edifizio, architettato sullo scorcio del secolo XVI da Vincenzo Civitali, restava intatta; nel tempo che s'ampliava notevolmente la capacità della fabbrica, seguitando e compiendo dagli altri lati il primitivo disegno. Nell'interno i lavori furono moltissimi; poiché oltre rifarsi di pianta e nobilissimamente le scale maggiori, si dette nuova disposizione alle stanze, adattandole all'uso cui erano destinate; tutto riducendo a nuovo senza guastare ciò che vi fosse di buono in antico. Si fecero nuovi l'ingresso ed il vestibolo con marmi e stucchi, tutti i pavimenti, gli scaffali parte chiusi parte senza chiusura a seconda de' documenti che dovevano esservi accolti, e moltissimi altri abbellimenti e comodità; in tutto schivando il lusso, ma cercando sempre quell'aspetto di dignità, che si richiede nelle cose del pubblico. Pure, benché il lavorio fosse grande e vario, fu condotto così alacremente, che nell'estate del 1860 vi si poterono portare e mettere in ordine le scritture; e l'Archivio di lì a poco s'apriva al pubblico, essendovi anche trasferiti gli officiali necessari alla sua custodia, in parte confermati, in parte di nuova nomina [041].. Le cose operate si portavano poi a notizia comune con un libretto divulgato nel Novembre dello stesso anno 1860, contenente un catalogo del nuovo Archivio, indicante sommariamente i titoli e la spartizione delle serie [042].. Già fino dal 14 Ottobre del 1859, il Ministero della Pubblica Istruzione della Toscana, aveva approvato un regolamento per il servizio interno dei due Archivi di Lucca e di Siena, la cui parte dovevano quind'innanzi essere aperte agli studiosi con sapiente liberalità.

VI. In questo modo era veramente fatto il più ed il meglio, ma non tutto. I documenti riuniti erano già in numero vistosissimo, e tuttavia dovevano crescere per nuovi depositi, alcuni già previsti e desiderati, così nella parte antica come in quella moderna. Descrivendo in quest'Inventario le diverse raccolte, non sarà dimenticato d'indicare particolarmente la provenienza ed il tempo delle consegne. Qui basterà di ricordare che i principali accrescimenti della parte antica, dopo il 1860, furono l'Archivio della mercanzia lucchese [043]., e quello delle istituzioni di beneficenza, conservate presso la General Direzione degli Ospedali ed Ospizi [044].. Anche il Diplomatico s'avvantaggiò per le pergamene delle corporazioni religiose nuovamente soppresse nel 1866, e per altre che generosamente vi mandava da Firenze la Soprintendenza, perché attenenti a famiglie ed istituzioni lucchesi. Anzi avvenne, che per dare ricetto alle carte nuove e per compiere il collocamento di quelle già possedute, fu bisogno infine di accomodare e corredare di scaffali anche la parte più alta della fabbrica, che ne' primi lavori era rimasta nuda e a modo di soffitta. Ai quali ultimi lavori si potè dar mano per liberalità dei Consigli del Comune e della Provincia Lucchese, che stanziando due notevoli sussidi in denaro, concorsero al compimento dell'istituto [045].. In questo modo l'Archivio poté mostrare tutte le sue collezioni allogate e distribuite in quarantasette stanze, di cui una buona parte sono sale spaziose o vaste gallerie: restando inoltre certo numero di stanze al piano inferiore, in luogo di facilissimo accesso, per uso dell'uffizio; una delle quali, preparata agli studiosi, è provvista d'una ragionevole raccolta di manoscritti e di libri stampati, quasi tutti relativi alla storia paesana. Per sodisfare infine all'erudita curiosità dei visitatori si apprestò una sala di particolare eleganza nel piano nobile, contigua al vestibolo, che servirà per mostra d'autografi e di documenti singolari.

VII. La materiale collocazione delle carte corrispose quasi interamente al concetto storico e razionale della divisione; talché chi percorresse regolarmente le sale, vedrebbe a un tempo l'ordine delle carte stesse. È in testa all'Archivio, come cosa a sè, la raccolta diplomatica o delle pergamene sciolte, sul cui ordinamento si troveranno a suo luogo le desiderate informazioni [046].. Dopo questa, che è quasi introduzione all'Archivio, segue la gran mole degli atti pubblici, che ha per principalissima spartizione quella cronologica di Comune, Principato e Ducato. Delle ragioni perchè sotto il nome di Comune si comprenda la collezione vastissima di tutto ciò che resta de' Governi che ebbe Lucca finchè non venne foggiata alla francese sotto i Napoleonidi, è stato parimente discorso a suo luogo [047].. La qual collezione, che in massima parte si riferisce a' tempi della Repubblica, è poi suddivisa in serie, che generalmente corrispondono ad altrettante autorità e magistrature; sendosi schivato, il più che si potè, di formare delle serie artificiali e non corrispondenti a qualche pubblica istituzione [048].. E queste son poi collocate secondo l'ordine di potestà, in modo che il maggiore sempre va innanzi al minore, al dipendente e accessorio. Perché poi durante il reggimento repubblicano lucchese s'usò di spartire l'azienda pubblica in un gran numero di uffizi staccati, l'uno dall'altro indipendenti, sottoposti soltanto alle leggi ed agli ordini del Consiglio Generale; così per dar loro una conveniente collocazione, si avvicinarono formandone quasi delle categorie in ragione di materia e di soggetti; al quale partito ci moveva, non certo il pensiero di tirare le cose degli antichi a concetti moderni, ma una tal quale necessità di cui vogliamo essere scusati. Però, dopo aver messe in cima all'Archivio del Comune le supreme autorità e le raccolte che loro appartengonole abbiamo fatte seguitare dagli uffizi e magistrati ch'ebbero a vigilare al mantenimento dello Stato, all'ordine pubblico, a' buoni costumi, alla sanità, all'istruzione ec.; a tutte insomma quelle ingerenze governative, che costituiscono la direzione politica interna ed esterna d'un paese. E di questa s'è formata come la prima parte, dell'Archivio del Comune. Vengono quindi la seconda e la terza; la seconda, degli uffici ed istituzioni riguardanti il maneggio del pubblico denaro, l'annona, le arti, la mercatura ec.; la terza, delle magistrature giudicanti in civile e criminale nella città e nelle Vicarie, per le quali ultime abbiamo seguitato l'ordine onde sono scritte nello Statuto. Siffatta disposizione delle carte, prima storica secondo i Governi ch'ebbero costituzioni dissimili; poi la loro suddivisione per magistrati ed istituzioni, in tre grandi classi, che potrebbero dirsi politica, economica e giudiziaria, è stata adottata generalmente in questi Archivi di Toscana; e se per avventura riuscirà meno praticabile per le carte d'altri paesi, non parve che fra noi se ne potesse pensare una migliore nè più facile. Dobbiamo poi dichiarare, che dopo le carte politiche ed economiche del Comune, abbiamo posto a modo di appendice certe qualità di documenti, come quelli degl'istituti religiosi e di beneficenza e de' Comuni soggetti; parendo che, sebben fossero istituzioni in grandissima parte indipendenti dal Governo, pure avessero in sè alcuna cosa attenente alla direzione politica ed alla ricchezza dello Stato. Come si vede, con siffatto metodo fu del tutto soppressa la divisione fra carte segrete e pubbliche, che era ab antico nel Palazzo, e che poi, a modo di compenso, era stata mantenuta da Girolamo Tommasi. Tutte le carte di Tarpea furono pertanto inserite ed aggiunte alle serie , cui per la loro natura o provenienza appartenevano; e perché erano state con quelle antiche segnature citate spesso in altri documenti ed in più lavori storici manoscritti e stampati, avemmo cura di notare, per via di postille, nell'indice ultimo di essa Tarpea, la nuova collocazione de' singoli numeri. Delle carte del Principato Napoleonico e del Ducato, costituiti di un Principe, di Consigli, e di Ministeri con uffici respettivamente dipendenti, la spartizione è venuta fatta in un modo sommamente semplice e naturale.

VIII. Già si disse che quando avvenne l'apertura del nuovo Archivio era stato impossibile d'avere in pronto gl'inventari definitivi di tanto numero di scritture, e che bisognò procedere mediante cataloghi sommarissimi. Ma quindi innanzi, la fatica quotidiana ed assidua degli ufficiali fu appunto di compilare que' primi; ed anche di dar opera ad altre più particolari illustrazioni, e specialmente allo spoglio o regesto delle pergamene. Pertanto, quando sul finire del 1869 il Ministero della Pubblica Istruzione del Regno d'Italia, sulla proposta della Soprintendenza, approvava che si stampasse un generale Inventario dell'Archivio Lucchese, gl'inventari parziali delle serie, che dovevano esserne il fondamento, erano così avanzati che senza indugio poté sul principio dell'anno appresso cominciarsene la stampa, e proseguirla senza interruzione.

IX. Lo stampare per intiero quest'ultimi, dove ogni volume, o registro o filza che sia, ha il numero proprio e l'indicazione delle date, sarebbe veramente riuscita la più semplice cosa del mondo. Con questo metodo non sappiamo dire quanti fogli sarebbero occorsi a contenere un cosiffatto Inventario generale; ma certamente il numero avrebbe ecceduto l'intenzione di chi aveva commesso ed approvato il lavoro; né la spesa, né la fatica sarebbero state in proporzione dell'utile. E pure, quelle lunghe sequele di numeri e di date sarebbero a un tempo apparse insufficienti allo scopo del libro. Volendo che questo riuscisse veramente di guida o prontuario ai ricercatori dell'Archivio, si richiedeva che certi volumi singolari, o di contenenza molteplice e variata, fossero dichiarati e descritti più minutamente e partitamente. Per altri occorreva addirittura quasi un regesto, dove fosse cavato fuori il sunto de' singoli documenti. Parve dunque di dover pigliare un partito del tutto diverso; quello cioè di restringere anche ad una sola indicazione le raccolte di più volumi che riuscivano uniformi, ed allargarsi invece nella descrizione dei libri svariati e delle raccolte saltuarie e difformi. In una conferenza archivistica tenuta qui a Lucca nel 1867, sotto la presidenza del Soprintendente Generale, dove s'erano, per così dire, gittate le basi di cosiffatti lavori, questo metodo venne fin d'allora determinato nella massima; con accennare anche le serie da descriversi minutamente e quelle da indicarsi con descrizioni complessive [049].. Alla prova fu poi riconosciuto che non era la maggiore dignità, per così dire, della serie, ma la fattura delle diverse raccolte ed anco de' singoli libri, che doveva regolare il criterio delle descrizioni; e di ciò venne lasciato largo potere a chi doveva eseguire il lavoro. Si vide, per esempio, che le Riformagioni pubbliche del Consiglio Generale, comprese in quasi cinquecento registri, legati in dugento settantatrè volumi, correnti con uniformità dal 1369 al 1799, potevano essere indicate in una descrizione sola, notando le date estreme della collezione, avvertendo che vi facevano difetto i volumi dall'Agosto 1393 al Dicembre 1396, e che v'era infine altra lacuna dal 1400 al 1430, perché allora Paolo Guinigi, Signore di Lucca, aveva tolto il Consiglio [050].. Invece, negl'inventari parziali delle serie per uso interno dell'Uffizio si avevano le descrizioni pezzo per pezzo, e per essi i distributori de' libri sanno qual numero della collezione contenga le Riformagioni dell'anno che si richiede. Se, per seguitare seguitare gli esempi, tutti gli atti di Castruccio degli Antelminelli fossero giunti a noi in un corpo di libri regolare e per ordine di tempo, era assai indicare il numero de' volumi e le date; ma avendone invece un registro solo, composto d'atti scelti, artificialmente e confusamente riferiti, parve necessità di cavar fuori l'indicazione de' singoli documenti a modo di sommarissimo regesto [051]... Così, e per le stesse ragioni, si credette di dare egualmente il sunto della massima parte de' libri formanti la serie de' Capitoli, de' quali troppo insufficiente sarebbe venuta una descrizione generale e superficiale. Tal è presso a poco il sistema accettato dai cataloghisti e dai bibliografi anche per i libri stampati, che all'occorrenza danno la descrizione minuta di libri speciali, mentre delle grandi collezioni uniformi e di contenenza determinata, si passano per lo più con descrizioni generali.

X. Ad ogni serie ci parve bensì necessario d'anteporre una notizia sopra la magistratura o l'istituzione a cui si riferisce; dicendo principalmente dell'origine, delle incombenze ed autorità che esercitò, delle trasformazioni e della fine. Così era necessario del pari che si dicesse della provenienza e delle vicende delle respettive scritture. Altre illustrazioni di storia civile ed amministrativa ponemmo a corredo di certi singoli volumi; e in generale non lasciammo mai addietro, ne' luoghi dove pareva che cadessero opportune, quelle avvertenze o richiami, che potevano servire di schiarimento o di guida nelle ricerche: imperocché credemmo sempre uno degli obblighi maggiori dell'archivista l'aiutare per ogni via gli studiosi. L'esperienza che ormai in più anni abbiamo fatto di loro, ci poneva in grado di conoscere quanto l'avere in pronto certe informazioni intime e speciali, giovi ad abbreviare ed agevolare il ritrovamento e lo studio de' documenti. Anzi è la stessa esperienza sulle qualità delle notizie che più spesso si richiedono, e sulle cose più o meno note, o per tradizione o per studi già fatti, che c'ha consigliato ad essere alcuna volta alquanto copiosi, altre volte a contentarci di brevissimi cenni. Oltre a queste illustrazioni sparse per il libro, a compimento dell'opera ne porremo di più generali; cioè, un prospetto di tutte le serie dell'Archivio, ed un sunto cronologico de' Governi e delle principali vicende politiche ed amministrative di Lucca. L'opera si chiuderà con una tavola minuta e diligente delle cose e delle persone; ben sapendo quanto poco fruttuosi riescano i libri di questa qualità, allorché sieno manchevoli di tal corredo.

XI. Fu a noi cosa gratissima che si ordinasse la stampa di questo libro, sperando che l'istituto a noi sì caro, non perderebbe in reputazione coll'esser meglio e più comunemente conosciuto. La fatica che vi ponemmo attorno, ci parve lieve per due ragioni che possono molto sugli uomini, l'affetto cioè e la coscienza del proprio dovere. Che il nostro fosse il primo Archivio d'Italia di cui venisse in luce una descrizione compiuta, n'avrebbe forse lusingato alquanto, se d'altra parte non ci fosse riuscito di gravissimo inconveniente la mancanza di modelli approvati. Coloro che sono preposti agli Archivi degli altri Stati in cui fu un giorno divisa l'Italia, quasi tutti più grandi e potenti di questa piccola Lucca, chiamati a far simil lavoro, potranno mostrare documenti e memorie senza paragone più solenni ed importanti per la storia generale, e le sapranno esporre ed illustrare con più sicurezza d'erudizione e di metodo. Alcune cose in questa prima parte del nostro Inventario neppur noi contentano appieno, e ci proponiamo nel seguito della stampa di farvi alcune modificazioni. Anche in fine non mancheranno nè correzioni nè emende. In ogni modo saremo ben contenti, se ammoniti dall'esempio nostro, e resi accorti dei difetti di questo lavoro, gli altri ne caveranno ammaestramento per far opera migliore.

Lucca, nell'Agosto del 1872.

Salvatore Bongi.



Note:
[001] Memorie di Lucca tratte da' manoscritti; vol. I, an. 1217. Manoscritto della Pubblica Biblioteca di Lucca. De' molti che narrano la caduta della torre di Pagano con danno delle scritture pubbliche, crediamo che sia a stampa il solo Beverini. In una Cronichetta anonima antica, che già fu del Fiorentini, e di cui si ha ora solo una copia moderna nella stessa Libreria, son messi come due fatti diversi la ruina della torre anzidetta e quella della Camera; la prima attribuendosi al 1217, l'altra al 1218.


[002] Il fatto è raccontato da Francesco Bendinelli ne' suoi Abbozzi di storia lucchese, II. 64; manoscritti nella Pubblica Libreria Lucchese. Nel Codice intitolato Liber in se continens iura et privilegia etc. ad Episcopatum Lucanum spectantia etc., conservato nell'Archivio Arcivescovile, si legge a pag. 83 un atto del 28 Gennaio 1316, attestante che le scritture rapite da Uguccione nella sagrestia del Vescovato, non s'erano fino a quel giorno riavute, benché Uguccione avesse promesso di renderle. Poco appresso, nello stesso codice (pagg. 84-94), è però la nota, senza data, de' documenti che, per mezzo del Camarlingo della Camera Apostolica, erano stati rimandati.


[003] Tale è il senso della deliberazione che trovasi scritta in fine al registro della Curia de' Banditi, del 1329.~


[004] Gio. Villani scrive, che la gente del Bavaro arse "la maggior parte delle case de Pogginghi, e intorno a S. Michele, e in Fillungo infino a Cantone Bretto, nel migliore e più caro della cittade, con grandissimo danno de' casamenti e d'avere". X. 122.


[005] In una nota a pag. 82 del presente volume sono riferite le parole dello Statuto del Comune del 1331. Lo Statuto delle Curie così si esprime: "cum tempore combustionis facte in dicta Civitate, an. D.MCCCXXVIIII, die XIX Martii, multi libri et acta Curiarum fuerint combusti et combusta et derobbata". Si vegga il sunto del medesimo a c. 10, nel vol. miscellaneo alla serie degli Statuti del C. di Lucca, n. 18.


[006] Liber Stantiamentorum, an. 1334. Alla serie degli Anziani avanti la libertà, n. 7.


[007] Si consulti il bando del 27 Settembre del 1333, stampato nei Bandi lucchesi del secolo XIV, pag.12, e le note relative a pagg. 275-278. Fra i provvedimenti presi dagli Anziani dopo questo saccheggio fu che le sentenze per maleficio dovessero quindi innanzi essere scritte in doppio, con depositarne una copia nella Camera, l'altra in luogo religioso, cioé nella sagrestia de' Frati Predicatori.


[008] Vedasi in questo volume, pag 25.


[009] Si vegga specialmente Francesco Bendinelli, nell'opera già citata. I. 10.


[010] Un passo del Pecorone ne fa testimonianza che questo nome usasse anche in Venezia (Gior. IX. Nov. 1.):"Fatto che fu il palagio, il Doge fece mettere in questa camera tutto il fornimento, e drappi di domaschi lavorati d'oro, e capoletti e pancali e cioppe, e altri fornimenti, e oro e argento assai. E questa si chiamava la Tarpea (la stampa originale legge per errore Turpea) del Doge e del Comune di Vinegia, e stava serrata a cinque chiave". In senso traslato si trova in un sonetto diretto al Petrarca, ed attribuito ora ad Antonio da Ferrara ora a Iacopo de' Garatori da Imola:"O novella Tarpea, in cui s'asconde Quell'eloquente e lucido tesoro".


[011] Bendinelli, op. cit. IV. 480.


[012] De' tempi di Paolo Guinigi (1400-1430), non si trova notizia particolare sulle pubbliche carte. La Camera seguitò ad essere sotto la custodia di notari stipendiati, come al tempo della Repubblica.


[013] Dell'opera di questi benemeriti cittadini si discorre spesso nel presente Inventario. Veggansi le pagine 32, 50, 53-59, 82-83, 228, 232, 234 ec.


[014] V. avanti, a pagine 234-235.


[015] Cons. Gen. 2 Febbraio 1579.


[016] V. in questo volume, pag. 136.


[017] Serie degli Archivi Pubblici, n. 51.


[018] Cons. Gen. 18 Novembre 1388.


[019] Stat. Luc. del 1308, II, 55; del 1331, III. 27; del 1342, III. 28; del 1372, II. 8.


[020] Cons. Gen. 9 Febbraio 1389.


[021] Stat. Luc. del 1539, III. 19, e ordine del Cons. Gen. 1 Ottobre 1540. Ma che anche innanzi fosse nella Camera una buona quantità di protocolli lo dimostra l'Inventario del 1537, descritto a pag. 227 del presente volume.


[022] Stat. Luc. del 1539, III. 42.


[023] Lo Statuto del 1539, III. 42, ordinava che l'Inventario della Camera si rinnovasse ogni cinque anni, più tutte le volte che fosse cambiato il Custode. Per quelli che sono stati conservati, alcuni de' quali stanno nell'Archivio Notarile attuale, ed altri in questo Stato, non apparisce veramente che tal ordine, forse eccessivo, si eseguisse a rigore.


[024] Primo Governo Democratico, filza n. 12; e Reggenza, n. 15. Da questa processo si ricava, che oltre le carte, furono trafugati anche altri oggetti preziosi esistenti nel Palazzo, fino lo stocco ed il bastone donato al Gonfaloniere da papa Urbano VI.


[025] Vedasi in questo volume, pag. 260.


[026] Archivio del Principato. Interno, an. 1807. num. 214, 272, 387, 433, 487.


[027] Archivio suddetto. Interno, an. 1808. n. 2002.


[028] Si consulti il Piano per formare in Lucca un Archivio Generale, scritto da Giorgio Viani per ordine di S.A.I.R. la Principessa Elisa di Lucca e Piombino, autografo tra i manoscritti del Viani, nella Libreria Pubblica di Lucca, n. 878.


[029] Lettere del Prefetto di Massa, 13 e 17 Ottobre 1807, nelle filze della Direzione dell'Archivio di Stato.


[030] Lettera del Delegato dell'Interno del Governo Provvisorio, 16 Settembre 1814.


[031] Lettera del Ministro dell'Interno del Ducato, 12 Aprile 1822.


[032] Le prime si restituirono al Suddelegato di Piombino, per ordine dell'Interno, 5 Ottobre 1814. Quelle di Massa e di Garfagnana si rimandarono agli Estensi, in più riprese, ne' primi anni della restaurazione.


[033] Nell'atto dell'incamerazione fu così grande l'incuria di chi doveva custodire e mettere in salvo i preziosi archivi monastici e religiosi, che il padre Cianelli non si ritenne dal farne lamento per mezzo della stampa, cioè a pag. 111 del vol. III. delle Memorie e Documenti per servire alla storia di Lucca, impresso quando regnavano sempre i Principi che avevano ordinata l'indemaniazione.


[034] Si veggano i documenti uniti al voto del Commissario imperiale Londonio sulle pretese degli ex-Principi Baciocchi, nel libro a stampa intitolato: Risposta a favore dello Stato di Lucca alle dimande avanzate dagli ex-Principi ec. Lucca, Bertini, 1816; in 4.°


[035] Fu pagato scudi lucchesi 6,100 (Lire it. 34,160) per contratto Ser Giuseppe Pera. 1 Agosto 1822.


[036] Essendosi negli anni scorsi ricercate a Parma queste scritture, fu detto che n'erano state tolte e mandate parte a Bologna e parte a Firenze.


[037] Il riordinamento dell'Archivio di Pisa fu decretato più tardi, cioè il 22 Febbraio 1860, dal Governo della Toscana.


[038] Si vegga innanzi a pag. 233.


[039] L'Archivio di Stato in Lucca al tempo in cui venne sottoposto alla Soprintendenza Generale agli Archivi del Granducato (Firenze, Cellini, Agosto 1856); in 8.°


[040] Risoluzione del Granduca, 17 Novembre 1858.


[041] Lo scrivente era stato eletto a coadiuvare la Soprintendenza nell'Archivio di Lucca per risoluzione del 2 Marzo 1859, e quindi ne fu nominato Direttore Archivista il 10 Luglio dello stesso anno. Il ruolo normale di tutti gli impiegati fu decretato il 26 Settembre d.a.


[042] Il R. Archivio di Stato in Lucca nel Novembre 1860. Lucca, Giusti, 1860; in 8.° di pagine 47.


[043] Al seguito di deliberazione della Camera di Commercio, del 24 Novembre 1860.


[044] In forza di risoluzione ministeriale del 25 Febbraio 1861.


[045] Deliberazione del Consiglio del Comune, 15 Febbraio 1867; altra del Provinciale, 5 Febbraio 1868.


[046] Si vegga avanti, a pagg. 3-6.


[047] Veggasi più innanzi, a pagg. 29-31.


[048] Le serie artificiali di cui non si è potuto fare a meno, sono, per esempio, quella degli Statuti, Capitoli, Libri di Corredo, che non potevano razionalmente attribuirsi a nissuna determinata magistratura. Più rara eccezione sono le serie messe insieme di carte di più uffizi, le quali non ci parve di doverle scindere, a causa della comunanza del soggetto, o per avere una dipendenza comune. Valga per esempio quella intitolata Archivi Pubblici, dove s'unirono gli Inventari ed altri libri attenenti alla Custodia della Camera, con quelli della Tarpea, benchè fossero istituzioni fra loro divise e indipendenti; ma l'Offizio sopra le Scritture, che un tempo ebbe la vigilanza d'ambedue, viene in certo modo a costituirne l'unione.


[049] Si vegga lo stampato col titolo di Adunanza del 14 Febbraio 1867 sulla pubblicazione degli Inventari di Lucca, Siena e Pisa. (Firenze, Cellini, a.d.).


[050] Si legga innanzi, a pag.137.


[051] V. avanti, pag. 83-86.



Unit_id: D[01]